Arte? Capitolo oscuro, argomento di cui capisco poco o nulla. Non sono assolutamente in grado produrre una critica decente o descrivere un dipinto raccontandovi tecniche pittoriche, giochi di luce, prospettive. Nebbia fitta. Dovrebbero essere queste ragione sufficienti per consigliarmi una dignitosa fuga al cospetto di qualche riga riguardante quel genio che fu Rembrandt Harmenszoon van Rijn. Invece no, perché vi sono tre aspetti ben incastonati nella mia testolina. Prima di tutto il 4 Ottobre del 1669 il buon Rembrandt ha pensato bene di lasciare questo mondo per regalare ad abitanti di altri luoghi le proprie incisive e corpose pennellate. A causa della nefasta ricorrenza l’unico scrivano rimasto ingobbito sulla tastiera si è visto costretto ad intervenire. In secondo luogo non temo smentita quando affermo che, con tutte le mancanze mie in materia, credo di saper percepire le emozioni che la vita ci vuole regalare, e dipinti come quelli del pittore olandese di emozioni me ne regalano parecchie. Per finire, il periodo Olandese-Fiammingo del XVII secolo mi piace assai. Non sono sicuro che siano tre ragioni validissime per muovere incerti passi all’interno di una galleria buia e sconosciuta, ma ci provo prima di essere sommerso dai fischi. Non vi parlerò propriamente del sapiente Rembrandt, ma di uno dei suoi quadri che preferisco. “La ronda di notte”. Uno dei più famosi, originali e misteriosi.
Dipinta nel 1642 questa gigantesca opera ha percorso la storia attraverso innumerevoli traversie. Ha subito attentati, ha attraversato guerre resistendo alle contumelie del tempo. Durante la seconda guerra mondiale il dipinto fu arrotolato e nascosto in un bunker sotterraneo per poi tornare a vedere la luce alla fine del conflitto. A seguito di un successivo restauro si scoprì addirittura che la ronda notturna in realtà notturna non era. Anzi originariamente era ben esposta alla luce del sole. La sporcizia, l’ossidazione, forse strambi restauri ed il trascorrere degli anni ne hanno offuscato i colori facendo credere che fosse ambientata sotto il ghigno beffardo delle tenebre.
“La ronda di notte” rientra nel filone del ritratto di gruppo, tipicamente in voga in quel periodo e commissionato, come usanza richiede, per soddisfare le esigenze di corporazioni, istituzioni e potenti che, con essi, decoravano i loro palazzi. Nel nostro caso il committente del quadro fu il capitano degli Archibugieri Frans Banning Cocq, visibile in primo piano, ritratto insieme ad alcuni dei suoi ufficiali. Vicende militari richiederebbero ordine ed aspetto marziale. Niente affatto. Per lo meno l’innovativo Rembrandt così deve aver pensato e spennellato. Il geniaccio ha rappresentato il momento in cui il capitano impartisce gli ordini ai propri sottoposti che, dovrebbero eseguire mettendosi ordinatamente in marcia. Nulla di tutto questo emerge nel quadro.
Una rapida occhiata è sufficiente per rendersene conto, alimentando in tutti noi l’idea dell’originalità del pittore. Il dipinto sembra una fotografia, una realistica immagine catturata senza che le persone se ne avvedessero. Nulla di statico, caratteristica primaria fin qui dei ritratti, Ciò, ovviamente, fu una novità notevole nel campo pittorico. Gli uomini ritratti sembrano ben poco marziali nei loro atteggiamenti. Si muovono ciascuno per conto suo, in disordine, ognuno guarda in una diversa direzione. Tutto questo regala un effetto di naturale movimento. Le luci e le ombre fanno il resto, così la presenza di intrusi come la bambina, stranamente illuminata, ci aggiunge ulteriori tonalità di vita, di realismo, forse di mistero. Come spesso accade ciò che non viene compreso viene deriso ed il nostro quadro non ebbe un immediato riscontro. Gli stessi committenti gli rimproverarono un eccesso di originalità protestando per non essere stati giustamente valorizzati, ma addirittura ridicolizzati. Questi signori dotati di vista invero corta, mai si sarebbero immaginati l’importanza che il dipinto avrebbe assunto nel corso dei secoli. Non ne compresero certo le novità nascoste e la carica emotiva trascinante. Capita. Così come capita di leggere la descrizione di un quadro scritta da un personaggio che nulla ha da insegnare a riguardo, se non provare a trasmettere le emozioni che sommessamente prova, dopo aver gustato per minuti e minuti la splendida visione della “Ronda di notte”. Altro raccontarvi lo scrivano, proprio non può.
Luca Fontana
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