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venerdì 9 maggio 2014

Addio Peppino Impastato (9 Maggio 1978)

Peppino Impastato
Il 9 Maggio del 1978 per Peppino Impastato doveva essere un giorno come tanti, vissuto in prima linea, contro la mafia. Come sempre. In serata si sarebbe dovuto incontrare con i soliti amici, compagni di un comune impegno politico. Peppino non arriva e gli amici, non vedendolo, iniziano a cercarlo. A casa non sanno niente di lui, Peppino sembra introvabile. Passa la notte, deve essere accaduto qualcosa. E’ così. Peppino Impastato è stato ucciso, è saltato in aria sopra i binari della ferrovia, dilaniato dal tritolo.
In quello stesso giorno viene scoperto in Via Caetani, a Roma, il cadavere di Aldo Moro.
L'incredibile clamore di quella vicenda che da settimane teneva in scacco l'Italia intera, oscura completamente il valore di quell’altra morte, quella di Peppino, quella di un ragazzo di trent’anni che ebbe il coraggio di lottare contro la mafia, contro parte della sua stessa famiglia, nel suo paese, Cinisi, nella sua terra, la Sicilia.
Peppino Impastato aveva coraggio. Molto. E per questo coraggio quel giorno morì. Cinisi, era un piccolo luogo in cui la mafia era di casa, un luogo in cui la gente si inchinava al passaggio del boss di cui era saggio non pronunciare nemmeno il nome.
Quel nome Peppino lo pronunciò, decine, centinaia di volte. Dalla radio, dalla strada. Tano Badalamenti, uno dei capi indiscussi di Cosa Nostra, la cui casa sorgeva cento passi esatti da quella di Peppino.
Decine centinaia di volte, pronunciò quel nome, sprezzante del pericolo. Troppe. La risposta non si fece attendere oltre, il quella tremenda Primavera del 1978. E così Peppino mori, avvolto dall’indifferenza.
Non bastò. Un ultimo sfregio per Peppino era in agguato.
Tutti conoscevano il mandante, in molti, troppi, sembrarono non accorgersene. Anche lo Stato. Le indagini presero immediatamente un’altra direzione. Probabile suicidio oppure un incidente avvenuto durante un tentativo di atto terroristico. Giusto, quel giovane deve per forza essere morto saltando in aria mentre preparava un attentato. Si indagò quindi negli ambienti di Peppino, si perquisirono le case dei familiari e dei compagni, piuttosto che andare dove sarebbe stato doveroso andare. L’ultimo sfregio, appunto, contro il giovane che aveva osato sfidare la mafia.
Il tempo ha reso giustizia a Peppino. Tardi, forse, ma ha riparato quest’ultima ingiustizia. Adesso tutti ricordano Peppino Impastato con affetto e con ammirazione per quella grande forza e quella immensa tensione morale che ha sempre dimostrato nella sua seppur breve vita. Un esempio che, più di ogni altro, ha rappresentato un volano per le nuove generazioni in quella terra, la Sicilia, verso un percorso di riscossa che da allora è cominciato a piccoli grandi passi. Più di cento. 
Luca Fontana

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