Fa caldo, ma non troppo in quel 9 Luglio del 1978 quando Sandro Pertini varca la soglia del Parlamento dove, poco dopo, terrà il suo discorso di insediamento come nuovo Presidente della Repubblica. Corrono giorni difficili per l’Italia, ancora scossa dal caso Moro, un Paese che non sembra in grado di attraversare con le proprie gambe il buio corridoio senza fine di un periodo drammatico come pochi. Pur nella mia gioventù di bimbetto ingenuo mi ricordo del Pertini universalmente e trasversalmente apprezzato, sicuramente il Presidente più amato di tutti, grazie al proprio carattere aperto, la sua schiettezza genuina, la propria indubbia capacità di interpretare i sentimenti del Paese e di entrare nel cuore degli Italiani avvicinando le istituzioni al popolo. Un Presidente a suo modo innovativo che per la prima volta non si limita ad un ruolo grigio e notarile, ma di forte indirizzo ed impulso pur rimanendo in ogni occasione rispettoso delle procedure.
Non si può scindere il Pertini Presidente, dal Pertini uomo e dirigente politico che decenni prima contribuì in con immenso sacrificio allo sforzo di libertà dal regime fascista e che pose nel dopo guerra importanti e decisivi mattoni per quella casa Repubblicana in cui tutti abitiamo. Quello che rappresentò e che ci fece conoscere nel settennato di Presidenza non poteva non derivare dal carisma e dalla forza morale che esprimeva la sua figura di politico appassionato e confinato durante il regime e di eroico combattente durante la Resistenza. La sua personalità era intrisa dei principi che avevano ispirato i padri fondatori della Repubblica nati proprio dalla Resistenza, ed il suo credo non poteva che essere un profondo rispetto della fede politica altrui tanto quanto il suo totale rifiuto di tutte le ideologie che rinneghino la libertà di espressione. Un passo tratto dal discorso di insediamento può spiegare bene questa formazione e questi sentimenti.
“…Non posso non ricordare i patrioti con i quali ho condiviso le galere del tribunale speciale, i rischi della lotta antifascista e della Resistenza. Non posso non ricordare che la mia coscienza di uomo libero si è formata alla scuola del movimento operaio di Savona e che si è rinvigorita guardando sempre al luminoso esempio di Giacomo Matteotti, di Giovanni Amendola e Piero Gobetti, di Carlo Rosselli, di Don Minzoni e di Antonio Gramsci, mio indimenticabile compagno di carcere….”
Pertini era e rimase sempre un Socialista assetato di libertà e di giustizia sociale che, a suo avviso, costituivano un binomio inscindibile: non vi può essere vera libertà senza la giustizia sociale, come non vi può essere vera giustizia sociale senza libertà.
Forse, tra tanti episodi piacevoli legati alla sua Presidenza, dovremmo ricordarci dei pensieri che ci ha regalato, come monito sempre attuale. E proprio questo aspetto della giustizia sociale, ancora oggi, a maggior ragione oggi ci appare fondamentale da non dimenticare perché, come si domandava lo stesso Pertini, come si può considerare veramente libero un uomo che ha fame, che non ha un lavoro, che è umiliato perché non sa come mantenere i propri figli?
Luca Fontana
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