Il 31 agosto 1997 muore, sotto il Pont dell’Alma di Parigi, Lady Diana Spencer, meglio conosciuta come Lady D. Paradossalmente la principessa triste, che aveva cercato l’amore senza mai trovarlo, che aveva rincorso l’amore senza mai afferrarlo, muore nella città degli innamorati. La notizia sconvolge tutto il mondo. O quasi. Madre di due figli, ex principessa del Galles, bella, ma tradita, umiliata ed innamorata, la sua storia d’amore l’aveva fatta avvicinare a noi, lontano da quell’olimpo patinato del glamour della vita (apparentemente) perfetta dell’ultima grande monarchia occidentale. Me lo ricordo bene quel giorno. Io avevo 14 anni, era fine estate, di lì a poco avrei cominciato il liceo. In quel caldo ed afoso pomeriggio di agosto, senza sole, nuvoloso ma non piovoso (come se quel dolore si fosse accumulato in cielo impedendo al sole di splendere), io, Marco, Mirko e Massimiliano, unici superstiti milanesi in attesa di Federico, Silvia, Simona, Matteo, Paola, Gianluca e Laura ancora per lidi dispersi, dopo aver bighellonato tutto il pomeriggio in attesa di partire per Assisi il giorno dopo, ci siamo messi a parlare di lei, della sua morte. Quattro ragazzini, che già si sentivano grandi, ma che in realtà non sapevano di che stavano parlando. Come noi credo che quel giorno centinaia di migliaia di persone si siano fermate a pensare a lei, ai suoi figli, alla sua morte. Il mondo era sconvolto. Eppure la Regina Elisabetta non proferì una parola, non mise la bandiera a mezz’asta perchè lei non era più Sua Altezza Reale. Ma come tutti sanno vox populi vox dei, e nemmeno una regina, nemmeno LA regina Elisabetta, potè ignorare la richiesta di funerali di stato. Il 6 settembre il feretro di Lady D. attraversò le strade di Londra, scortato dai suoi ragazzi, William ed Henry, che si opposero alla stupida etichetta di corte che avrebbe impedito loro di accompagnarla a piedi. La regina Elisabetta, al suo passaggio, piegò la testa in segno di rispetto. Lady D. aveva abbattuto l’ultima etichetta di corte. In chiesa il suo amico Elthon John suonò “Candle in the wind”, i principini non alzarono la testa. Forse per noi era morto un mito, un simbolo, una stronza arricchita per qualcuno, ma per loro era morta la mamma. Il funerale fu un evento mediatico seguito da due miliardi di persone, tra cui me, Paola e Laura che, in una tenda di un campeggio di Assisi, vedemmo le immagini al telegiornale. Da quel 6 settembre sono passati 17 anni; Carlo si è sposato con Camilla, la regina ha dovuto accettare cose inaccettabili, William è diventato padre. Eppure il ricordo di Lady D. vive ancora. Nel mistero della sua morte, nella sua capacità di comunicare con la gente, di usare la sua immagine per cercare di focalizzare l’attenzione della gente sui problemi come le mine anti uomo, o le malattie. Non era una santa, era semplicemente un essere umano, che ha mostrato la sua umana fragilità. A me la sua morte colpì tanto, perché era morta una giovane donna in un modo così tragico. Fu la fine di un’epoca, non solo per il mondo, ma anche per me. Dopo quell’estate il mio gruppo di amici si separò e la vita andò avanti anche per noi; alla fine qualcuno di noi si ritrovò, qualcun altro no. Cosa c’entra la storia del mio gruppo di amici con il funerale di Lady D.? Forse nulla o forse tutto. Quando hai 14 anni tutto sembra per sempre, forte ed inarrestabile…esattamente come i miti…belli, giovani, ricchi e potenti…ma poi ti accorgi che basta poco perché tutto finisca. E cambi. E nella mia testa quel lontano giorno di settembre del 1997 segnò la fine della nostra vacanza ad Assisi…la fine della nostra infanzia e l’inizio dell’adolescenza….eppure quello che ho imparato da voi non l’ho mai scordato. Esattamente come la morte di Lady D. ed il suo funerale segnarono la fine di un’epoca, in cui i principi e le principesse vivono per sempre felici e contenti, e aprirono gli occhi al mondo su quanto in effetti siamo tutti uguali. Il mondo va avanti, uguale ma diverso, dopo la morte di un mito…e la fine di un’epoca. Ciao Lady Diana.
Caterina Valcarenghi
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