Il protocollo dei Boxer fu un trattato ineguale firmato il 7 settembre 1901 dall'impero Qing e dall'Alleanza delle otto nazioni (Francia, Germania, Giappone, Impero austroungarico, Italia, Regno Unito, Russia e Stati Uniti) più Belgio, Paesi Bassi e Spagna in seguito alla sconfitta cinese nella rivolta dei Boxer di fronte al corpo di spedizione delle otto potenze stesse. Nei paesi occidentali, il protocollo era anche noto come “Trattato del 1901” o “Accordo di pace tra le Grandi Potenze e la Cina”.
Venne firmato dal principe Yikuang e Li Hongzhang per conto dell'impero Qing e da Alfons Mumm, Ernest Satow e Komura Jutaro rispettivamente per conto di Germania, Gran Bretagna e Giappone.
450 milioni di tael d'argento sarebbero stati pagati a titolo di indennità nel corso di 39 anni alle otto nazioni coinvolte, con il tasso di cambio dell'epoca, 450 milioni di tael equivalevano a 335 milioni di dollari d'oro e a 67 milioni di sterline che furono un grave fardello per la gente comune.
Il governo Qing avrebbe anche permesso alle nazioni straniere di insediare proprie truppe a Pechino. Inoltre, le potenze avevano incluso l'imperatrice Cixi nella loro lista di criminali di guerra, sebbene funzionari provinciali come Li Hongzhang e Yuan Shikai la difendessero sostenendo che non aveva il benché minimo controllo sull'insurrezione. L'imperatrice venne in seguito depennata, ma avrebbe abbandonato il potere e rinunciato a qualsiasi ingerenza negli affari di stato.
L'evento accrebbe ulteriormente il già forte decentramento di potere in Cina, dal governo alle province, la sconfitta della rivolta e la durezza del protocollo diedero avvio alle riforme del tardo impero Qing, che in sostanza proseguirono la Riforma dei cento giorni e condussero nel 1911 alla Rivoluzione Xinhai.
All'orizzonte spuntava un unico modo per restituire pace e prosperità alla Cina: la rivoluzione.
Marco Fontana
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