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martedì 29 aprile 2014

Alfred Hitchcock. Morte del Maestro del Brivido (29 Aprile 1980)


Alfred Hitchcock muore la mattina del 29 aprile del 1980 a Los Angeles in California, salutando il mondo che sapientemente aveva descritto per più di mezzo secolo con i suoi film. Hitchcock è da sempre chiamato il maestro del brivido, ma per quanto esatta questa definizione, mi sembra riduttiva. La capacità di mettere a nudo le ansie e le paure dello spettatore attraverso, certamente, una sopraffina arte tecnica e visiva, senza ovviamente l’utilizzo di effetti speciali digitali odierni, ma soprattutto l’arte di dimostrarci come il brivido, la tensione, la morte, siano ancora più angoscianti quando raccontate attraverso gli occhi di gente normale, se non mediocre in un continuo mescolarsi di vero e falso, apparenza e realtà. Personaggi avvolti da un alone di segreto e di mistero, di dubbio e di sospetto. Gente normale che normale non è.
Le opere più famose del regista Inglese, si intersecano con il periodo hollywoodiano, dagli anni 40 in poi esprimendo uno stile che ruota attorno all’ attesa che accada qualcosa di irreparabile che ognuno non vorrebbe che accadesse, in un cinema pieno di metafore, di simboli in cui l'effetto della suspance è proporzionale alla consapevolezza e alla conoscenza del pericolo che grava sul protagonista.
Ad esempio ne “La finestra sul cortile” soltanto chi guarda il film vede il vicino di casa sospetto uscire di notte con una valigia, mentre il protagonista dorme. In “Psyco”, lo spettatore, vede una porta aprirsi e prevede in anticipo l'agguato mortale al detective ignaro che sale le scale.
Con il periodo americano, troviamo un Hitchcock un pochino più commerciale ed attento ai gusti del pubblico, ma con opere che formano l’architrave della sua carriera. Ecco capolavori come “Rebecca, la prima moglie” (1940), “Notorius, l’amante perduta” (1946) dove l’angoscia si esprime principalmente con l’ambiguità dei personaggi. In seguito si dilata la rappresentazione prospettica della realtà, osservata da molti angoli visuali, nascono quelli che possono essere considerati certamente i film più belli, a mio avviso. “Il delitto perfetto” (1954), nella già citata “La finestra sul cortile” (1954), “L’uomo che sapeva troppo” (1956), “Caccia al ladro” (1955), “La donna che visse due volte” (1958). Tutti film basati sul tema ricorrente del dubbio, dell’ambiguità, del contrasto tra apparenza e realtà.
In tutto queste pellicole, come nel suo ultimo periodo inglese fino alla morte non mancò mai un lato tipicamente Britannico esplicitato con un fine umorismo che regala leggerezza anche a scene o avvenimenti drammatici. 
Personalmente vi consiglio un film meno famoso, ma particolare. “Nodo alla gola”, ambientato tutto in un appartamento, girato senza stacchi, apparentemente, con un unico piano sequenza. E dove il cadavere, i colpevoli, ed il protagonista, sono tutti lì in bella vista, dall’inizio alla fine.
Luca Fontana

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