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mercoledì 30 aprile 2014

La fine di Adolf Hitler (30 Aprile 1945)

Il cadavere del Fuhrer
Adolf Hitler non voleva farsi catturare. Non poteva fare la stessa fine del suo alleato Mussolini, giustiziato e appeso in piazza. I suoi pazzi sogni di gloria ormai si erano infranti, le truppe sovietiche spingevano alle porte di Berlino.
30 Aprile 1945. Hitler nascosto nel Führerbunker insieme ai suoi fedelissimi e alla moglie Eva Braun, con cui si era ufficialmente sposato solo il giorno precedente, attendevano la fine, con una capsula di cianuro in tasca e un proiettile nella sua Walther PPK 7.65".
Nonostante i russi fossero a meno di 500 metri dal bunker e la capitolazione non avrebbe tardato più di un giorno o due, i due coniugi pranzarono tranquillamente e successivamente si congedarono dai loro fedeli compagni di misfatti, tra cui Martin Bormann e Joseph Goebbels con la sua famiglia, dopodiché si ritirarono nello studio personale del Fuhrer.
Dalla ricostruzione ufficiale dei fatti (dovuta a testimonianze del personale del bunker) morì prima Eva Braun ingerendo una capsula di cianuro e successivamente si tolse la vita Hitler, sia col cianuro, ma anche completando l’opera con un colpo di pistola alla tempia.
I fedeli del Fuhrer bruciarono i corpi che furono comunque poi scoperti dall’intelligence sovietica (il corpo di Hitler fu identificato tramite l’impronta dentale).
Come spesso accade, anche sulla fine di Hitler si sono sviluppate diverse teorie e leggende.
Chi sostiene che non fosse morto, ma vivesse in Europa protetto dagli ex alleati occidentali. Chi afferma che riuscì a fuggire e morì in Brasile di morte naturale negli anni ottanta. Non è nemmeno chiaro se si sparò alla tempia, in bocca, se prese anche il cianuro o no.
Onestamente poco importa.
Quello che conta è che dal 30 Aprile 1945 non si sentirà più parlare di Hitler se non nei libri di storia.
Marco Fontana

martedì 29 aprile 2014

Alfred Hitchcock. Morte del Maestro del Brivido (29 Aprile 1980)


Alfred Hitchcock muore la mattina del 29 aprile del 1980 a Los Angeles in California, salutando il mondo che sapientemente aveva descritto per più di mezzo secolo con i suoi film. Hitchcock è da sempre chiamato il maestro del brivido, ma per quanto esatta questa definizione, mi sembra riduttiva. La capacità di mettere a nudo le ansie e le paure dello spettatore attraverso, certamente, una sopraffina arte tecnica e visiva, senza ovviamente l’utilizzo di effetti speciali digitali odierni, ma soprattutto l’arte di dimostrarci come il brivido, la tensione, la morte, siano ancora più angoscianti quando raccontate attraverso gli occhi di gente normale, se non mediocre in un continuo mescolarsi di vero e falso, apparenza e realtà. Personaggi avvolti da un alone di segreto e di mistero, di dubbio e di sospetto. Gente normale che normale non è.
Le opere più famose del regista Inglese, si intersecano con il periodo hollywoodiano, dagli anni 40 in poi esprimendo uno stile che ruota attorno all’ attesa che accada qualcosa di irreparabile che ognuno non vorrebbe che accadesse, in un cinema pieno di metafore, di simboli in cui l'effetto della suspance è proporzionale alla consapevolezza e alla conoscenza del pericolo che grava sul protagonista.
Ad esempio ne “La finestra sul cortile” soltanto chi guarda il film vede il vicino di casa sospetto uscire di notte con una valigia, mentre il protagonista dorme. In “Psyco”, lo spettatore, vede una porta aprirsi e prevede in anticipo l'agguato mortale al detective ignaro che sale le scale.
Con il periodo americano, troviamo un Hitchcock un pochino più commerciale ed attento ai gusti del pubblico, ma con opere che formano l’architrave della sua carriera. Ecco capolavori come “Rebecca, la prima moglie” (1940), “Notorius, l’amante perduta” (1946) dove l’angoscia si esprime principalmente con l’ambiguità dei personaggi. In seguito si dilata la rappresentazione prospettica della realtà, osservata da molti angoli visuali, nascono quelli che possono essere considerati certamente i film più belli, a mio avviso. “Il delitto perfetto” (1954), nella già citata “La finestra sul cortile” (1954), “L’uomo che sapeva troppo” (1956), “Caccia al ladro” (1955), “La donna che visse due volte” (1958). Tutti film basati sul tema ricorrente del dubbio, dell’ambiguità, del contrasto tra apparenza e realtà.
In tutto queste pellicole, come nel suo ultimo periodo inglese fino alla morte non mancò mai un lato tipicamente Britannico esplicitato con un fine umorismo che regala leggerezza anche a scene o avvenimenti drammatici. 
Personalmente vi consiglio un film meno famoso, ma particolare. “Nodo alla gola”, ambientato tutto in un appartamento, girato senza stacchi, apparentemente, con un unico piano sequenza. E dove il cadavere, i colpevoli, ed il protagonista, sono tutti lì in bella vista, dall’inizio alla fine.
Luca Fontana

lunedì 28 aprile 2014

L'ammutinamento del Bounty (28 Aprile 1789)

Il 28 Aprile 1789 avvenne il più famoso ammutinamento della storia della marina britannica, quello noto come ammutinamento del Bounty.
Il Bounty, una nave mercantile armata con 28 cannoni, voleva raggiungere Tahiti doppiando Capo Horn. A causa del bruttissimo tempo il comandante Bligh, si diresse verso Tahiti navigando verso est. che viene raggiunta e segna una tappa che cambia completamente le motivazioni dell’equipaggio. I marinai e alcuni ufficiali si legano molto alla popolazione, specialmente femminile dell’isola, estasiati dalla libertà sessuale delle donne appena conosciute.
Durante il viaggio di ritorno, il 28 aprile 1789 parte dell'equipaggio, con alcuni ufficiali, tra cui spicca il secondo ufficiale Fletcher Christian e il guardiamarina Peter Heywood, si ammutinano al comando di William Bligh. 17 uomini seguirono Christian e Heywood, 2 non si schierarono, e 23 restarono fedeli al comandante.
Gli ammutinati, una volta preso il comando della nave, abbandonarono Bligh e i suoi fedeli su una lancia, soli, nell’oceano, lasciati al loro destino.
Il Bounty fece rotta per tornare a Tahiti al grido “Huzzah for Otaheite” (Urrà per Tahiti).
Il futuro per gli ammutinati non sarà roseo come nei loro sogni. Dopo poco tempo di bagordi molti di loro verranno scovati ed imprigionati, alcuni condannati a morte e altri, trovarono la morte durante rivolte o dispute in terra haitiana.
Il comandante Bligh invece, che sembrava destinato a morte certa su quella lancia, riuscirà miracolosamente a salvarsi e a tornare in patria dove, assolto dalla corte marziale, continuò la sua fortunata carriera navale e in seguito verrà nominato governatore del Nuovo Galles del Sud.
Dalla storia di questo ammutinamento sono stati tratti diversi film e un racconto di Jules Verne, I ribelli del Bounty.
Marco Fontana

domenica 27 aprile 2014

Sorge la Freedom Tower (27 Aprile 2006)

La Freedom Tower
Il 27 Aprile 2006 è iniziata ufficialmente la costruzione del One World Trade Center, anche chiamato Freedom Tower, la torre centrale collocata nel sito che fu delle Twins Tower (Torri Gemelle), in Lower Manhattan, a New York.
Dopo l’11 Settembre più famoso della storia, quello drammatico del 2001, per alcuni anni in America si è dibattuto su cosa avrebbe dovuto prendere il posto delle due torri abbattute.
Un progetto definitivo per la Freedom Tower è stato formalmente presentato il 28 giugno 2005, progetto che soddisfa tutti i criteri di bellezza, imponenza, importanza, ma anche sicurezza imposti prima della partenza dei lavori.
1776 piedi di altezza, pari a 541 metri. Non un numero a caso. 1776 come la data della Dichiarazione di Indipendenza degli Stati Uniti d’America.
Come si vede nella foto (scattata dai direttori) la torre, con il alto la guglia, si staglia nel cielo della Grande Mela e toglie il fiato alle migliaia di turisti che ogni giorno si recano a Ground Zero per commemorare quello che era e sognare quello che sarà.
"Ricordiamo. Ricostruiamo. Torneremo più forti!” (scritta dal Presidente degli USA Barack Obama su una delle ultime travi erette)
Marco Fontana

sabato 26 aprile 2014

Cernobyl'. Una nube di distruzione (26 Aprile 1986)

Il disastro al reattore 4
Alla 01.23 del 26 Aprile 1986 una nube radioattiva uscì dal reattore n.4 della centrale nucleare V.I. Lenin, situata in Ucraina settentrionale, a 18 km dalla città di Cernobyl'.
Tutt’oggi considerato il più grave incidente mai verificatosi in una centrale nucleare, il disastro di Cernobyl’ portò alla contaminazione di tutte le zone adiacenti la centrale rendendo necessari l'evacuazione e il reinsediamento in altre zone di circa 336.000 persone. Nubi radioattive raggiunsero anche l'Europa orientale, la Finlandia e la Scandinavia arrivando anche in Italia, Francia, Germania, Svizzera, Austria e nei Balcani.
Rapporti ufficiali di agenzie dell’ONU parlano di 65 morti accertati e circa 4000 decessi previsti negli 80 anni successivi al disastro dovuti alla contaminazione (tumori e leucemie). Questi dati vengono però fortemente contestati dalle organizzazioni antinucleari, per esempio Greenpeace, che parlano di 6000000 di decessi nel corso di 70 anni.
L’incidente avvenne durante un test di sicurezza e i fattori che lo causarono furono molteplici e le condizioni atmosferiche di quei giorni, molto ventose, favorirono l’espandersi della nube tossica in quasi tutta Europa.
Oltre che sulle vite umane fu pesantissimo il danno su flora e fauna della zona.
Sul onda emotiva del disastro di Cernobyl’ l’anno successivo l’Italia voterà un referendum che sancirà la fine dello sfruttamento dell’energia nucleare nel nostro paese.
L’effetto di questa tragedia ha segnato indelebilmente il fisico e la mente degli abitanti delle zone colpite seriamente. Ancora oggi continuano a nascere bambini con malformazioni o malattie evidentemente correlate al disastro del 1986.
Impossibile lasciarsi alle spalle una tragedia se giorno dopo giorno i tuoi occhi ne vedono i segni su ciò che più ami.
Marco Fontana

venerdì 25 aprile 2014

Luigi e l'alba di un giorno nuovo (25 Aprile 1945)

E’ buio. A Milano è ormai calata la sera quando Luigi si decide ad emergere da quel buco che era diventato il suo nascondiglio negli ultimi mesi. E per fortuna che c’era quel buco. La cantina nascosta della trattoria del Beppe, in Piazzale Dateo. Un rifugio sicuro per sfuggire alle ultime retate dei Repubblichini, o dei Tedeschi. Certo è il 24 Aprile, pensava Luigi in quei momenti, la liberazione di Milano è imminente e con essa la fine dell’incubo per l’Italia intera. Ma non bisogna abbassare la guardia. Manca poco, ma quelle ore potevano divenire le più insidiose. Il destino del mondo era segnato, la storia non avrebbe più mutato il proprio cammino verso la libertà, ma i pericoli erano ancora molti, pronti a stringerti al primo errore, al primo passo falso. Mentre usciva di nascosto dalla trattoria, accolto dalla protezione dell’oscurità, questi pensieri lo assillavano. Doveva arrivare vivo al giorno dopo, rivedere la moglie Teresa e la figlia Mirella. Altrimenti tutto sarebbe stato inutile. Il giorno seguente avrebbe sorriso ad un mondo nuovo, ma senza poterci vivere, amare, vederci crescere la propria figlia, tutto sembrava stemperarsi in un inutile lavorio del pensiero.

Ecco perché mentre avanzava rapidamente tra gli alberi di Corso Indipendenza, Luigi non riusciva proprio ad andare con il pensiero agli amici gappisti della III brigata Garibaldi che poche ore prima avevano assaltato la caserma della Guardia nazionale repubblicana di Niguarda. Nemmeno all’insurrezione nelle fabbriche ormai cominciata o alle notizie che gli erano giunte nel pomeriggio dalle periferie della città, dove dilagava la battaglia con i nazisti in fuga.

No. In quei momenti l’unico obbiettivo era riuscire ad entrare nel cortile di casa, in Corso Concordia e, anche fosse stato solo per un piccolo, fugace momento clandestino, rivedere i propri cari. Portargli la notizia. Il giorno dopo sarebbe stato quello buono. Doveva farlo. Anche a costo di affrontare quel rischio incredibile, stando allo scoperto per lunghi minuti, prima di tornare a rifugiarsi nel sottobottega dell’osteria. Un’ultima notte ancora, a sognare il sorgere del sole, avvolto in quella solitudine senza confini. Accompagnato da rumori che non riusciva nemmeno a distinguere arrivò a destinazione quasi senza respiro. Così come gli mancò il fiato quando riuscì, seguendo il solito rituale, a richiamare l’attenzione della moglie e della figlia, che si affacciarono alla finestra quasi incredule. Uscirono pochissime parole. Solo un sussurro. “Domani torno a casa, è finita, è finita.” Ma più di quello poterono gli sguardi. Non serviva altro. 

Luigi ce l’aveva fatta. Era giunto il momento di tornare a nascondersi, fino al mattino. Ancora in quella cantina. Luigi nemmeno si ricordava con esattezza l’ultimo giorno in cui aveva dormito nel suo letto. Erano passati mesi, da quel pomeriggio in cui era fuggito per miracolo avvisato e nascosto dalla fedele portinaia del palazzo. Era riuscito ad udire le risposte che Mirella, seppur giovanissima, aveva preparato come regalo a quei loschi individui di nero vestiti. “Papà non c’è, non lo vediamo da tempo, nemmeno mamma. E’ andata trovare la zia in ospedale, tornerà tra poco” D’altronde a questo Luigi era abituato. Erano anni che viveva in fuga permanente. Aveva assaggiato più volte la galera. Sulla strada del ritorno pensò finalmente all’intensa giornata che avrebbe trascorso l’indomani. Già di primo mattino presso il collegio dei salesiani di via Copernico si sarebbe riunito il Comitato di liberazione nazionale dell’Alta Italia che avrebbe sicuramente approvato all’unanimità la proclamazione dell’insurrezione stabilendo l’assunzione di tutti i poteri, civili e militari. Luigi avrebbe partecipato a quella riunione seppur con un ruolo defilato. Poi, nel pomeriggio Luigi avrebbe dovuto prendere parte all’occupazione della sede del Corriere della Sera in modo da poter stampare l’edizioni insurrezionale de “l’Avanti”. Quello era il suo compito per il giorno seguente se fosse riuscito a sfuggire ai colpi di qualche cecchino nascosto o alle raffiche di qualche colonna tedesca in fuga. Perché di questo Luigi si occupava in quei mesi di lotta clandestina, come dirigente del Psiup. Oltre alla responsabilità politica di un vasto settore della città il proprio ruolo era quello di dirigere e organizzare il centro di distribuzione stampa dell’Avanti. Luigi segnalava alle tipografie, con alcuni giorni di anticipo, il luogo dove i giornali avrebbero dovuto essere depositati per la distribuzione. Altre volte veniva invece segnalata a lui la tipografia dove i giornali dovevano essere direttamente ritirati. Il trasporto avveniva in bicicletta, con più viaggi e sempre attraverso strade diverse e anche i depositi cambiavano di volta in volta. Al recapito i giornali venivano suddivisi tra i gruppi dei diffusori periferici nei punti prestabiliti. Osterie, trattorie, magazzini, case sinistrate, librerie, perfino farmacie. A dispetto del motto “esce quando può” nella farmacia di Livio Agostini, a Milano, una copia dell’Avanti si trovava sempre. In realtà non poteva bastare, per quanto capillare, l’organizzazione degli attivisti socialisti che raggiungeva fabbriche, uffici, stazioni se non coadiuvato dalla spesso eroico appoggio di centinaia di milanesi che con il passare delle settimane, sprezzanti del pericolo, trovavano il modo per inserire copie di stampa clandestina sotto le saracinesche dei negozi prima dell’apertura, o sul sedili di un taxi, all’interno di cinema e teatri. Ovunque, pur di portare la voce della libertà. Ecco perché più si avvicinava il momento, con il passare delle settimane, e più Luigi sentiva il dovere, come un fuoco che bruciava nel proprio corpo, di moltiplicare gli sforzi. Con essi, Luigi ben lo sapeva, aumentavano i rischi di essere scoperto, catturato, ucciso, come accadeva giornalmente a decine di compagni. Il Psiup era ben organizzato a Milano, certo, ma bisognava fare di più. Gli era stata affidata tutta la responsabilità politica del settore Monforte-Vittoria che però si estendeva addirittura fino all’ortica, ponte Lambro e Linate. Una zona vastissima da coordinare, per quanto ben organizzata e coperta da centinaia di tesserati e da una fitta rete di collaboratori e depositi per la stampa. “In fondo ho svolto un buon lavoro” pensò. L’indomani lo avrebbe completato con l’ultimo sforzo. Questi furono i pensieri di Luigi prima di addormentarsi. Anzi no, non riuscì a dormire. Il desiderio di tornare a casa e di poter costruire un’Italia nuova, un Italia che ancora non prendeva nemmeno forma nella mente, non gli permetteva di prendere sonno. Rimase così a pensare per ore. 

L’alba del nuovo giorno arrivò. La storia andò come tutti sappiamo, fortunatamente. E come tutti non dovremmo mai dimenticare. Anche Luigi portò a termine coraggiosamente il proprio compito. Il 25 Aprile, dopo che la sede del Corriere della Sera fu occupata tutto era pronto per la preparazione del fatidico numero. L’edizione dell’Avanti che annunciava la liberazione di Milano uscì quasi puntuale, il 26 Aprile e, finalmente, non clandestina. Non tornò a casa la sera seguente, Luigi. Ma il suo ritorno fu rimandato di poco. Adesso era davvero finita. Luigi è vissuto fino a vedere quasi la fine del millennio, andando bel oltre i novanta anni di età. Sempre in Corso Concordia, sempre con la propria famiglia. E sempre con quegli ideali ben vivi e quella voglia di esserci, di partecipare, di avere un ruolo e di essere un riferimento sicuro per molti. In politica, nel sindacato, con gli amici. Perché no, anche con i suoi figli, nipoti e pronipoti. Il 25 Aprile è una data simbolo, fondamentale per la nostra storia e per le nostre stesse vite. Il simbolo della liberazione dal nazi-fascismo, la fine della guerra in Italia e di tutta quella cappa di tragedie che hanno accompagnato il mondo intero in quei bui anni. Rappresenta altresì la nascita di un mondo nuovo, di quello che siamo e che saremmo potuti essere. Ma tutto questo è potuto accadere grazie alle innumerevoli piccole e grandi storie di gente semplice, donne uomini di ogni estrazione sociale, che hanno dato e fatto tutto quello che potevano per regalarci la libertà, fino ad arrivare a perdere spesso le proprie stesse vite. 

Ecco perché ho voluto ricordare il giorno della liberazione di Milano non attraverso il racconto dell’insurrezione nelle fabbriche e dell’estremo tentativo di mediazione di Mussolini con il Cardinale Schuster, ma attraverso una di queste piccole grandi storie. La storia di un uomo a cui penso spesso. La storia di Luigi, il mio bisnonno.

Luca Fontana


giovedì 24 aprile 2014

Composizione della Marsigliese (24 Aprile 1792)

Dipinto: Rouget de Lisle canta la Marsigliese
Il 24 Aprile 1792, in piena Rivoluzione Francese, Claude-Joseph Rouget de Lisle compose quello che diventerà tre anni dopo l’inno nazionale francese: La Marsigliese.
In seguito alla dichiarazione di guerra della Francia all'Austria, il sindaco di Strasburgo chiese al compositore di scrivere un canto di guerra. Fu così che tornando a casa le sera del 24 Aprile ebbe l’ispirazione e compose l’inno che sarebbe ben presto diventato la “chiamata alle armi” della Rivoluzione Francese e che assunse il nome di “Marsigliese” proprio perché cantato in strada dai volontari che arrivavano a Parigi proveniente da Marsiglia.
Riproporre tutto il testo sarebbe un po’ lungo, quindi scrivo solo la strofa che ritengo più emozionante, la seconda.
[…]ux armes, citoyens (Alle armi, cittadini)
Formez vos bataillons, (Formate i vostri battaglioni)
Marchons, marchons! (Marciamo, marciamo!)
Qu'un sang impur (Che un sangue impuro)  
Abreuve nos sillons! (Imbeva i nostri solchi!)
Que veut cette horde d'esclaves, (Che vuole quest'orda di schiavi,)  
De traîtres, de rois conjurés? (Di traditori, di re congiurati?)  
Pour qui ces ignobles entraves, (Per chi questi ignobili ostacoli,) 
Ces fers dès longtemps préparés? (Questi ferri da tanto tempo preparati?) 
Français, pour nous, ah! Quel outrage (Francesi, per noi, ah! Che oltraggio) 
Quels transports il doit exciter! (Che fervori deve suscitare!)
C'est nous qu'on ose méditer (È noi che si osa pensare)
De rendre à l'antique esclavage![…] (Di restituire all’antica schiavitù) 
Seppur nostri cugini, seppur “sportivamente parlando” nostri nemici, il loro inno mi fa venire brividi ogni volta che lo ascolto. 
Marco Fontana

mercoledì 23 aprile 2014

Brevetto della Vespa (23 Aprile 1946)

Primo modello di Vespa (1946)
“Chi Vespa mangia le mele!”
Questa frase apparentemente senza senso è lo storico slogan pubblicitario della Vespa Piaggio, lo scooter più famoso ed utilizzato dagli italiani.
Ufficialmente la Vespa nasce il 23 Aprile 1946 quando viene depositato il brevetto per "motocicletta a complesso razionale di organi ed elementi con telaio combinato con parafanghi e cofano ricoprenti tutta la parte meccanica” su progetto dell’ingegnere aeronautico Corradino D’Ascanio.
Non è ancora chiaro perché fu chiamata “Vespa”, la versione più accreditata è quella che il nome sarebbe nato da un’esclamazione dell’imprenditore Enrico Piaggio che, quando la vide per la prima volta disse: “sembra una vespa”, riferendosi presumibilmente al rumore del motore e alle forme della carrozzeria molto stretta.
Dal 1946 ad oggi sono stati creati numerosissimi modelli di Vespa che è diventata uno dei prodotti più famosi nel mondo e simbolo del design italiano, tanto da essere esposta in molti musei tra cui il MoMa di New York.
La differenza principale con gli scooter suoi predecessori consisteva nella carrozzeria che ricopriva per intero il motore, permettendo al guidatore di utilizzare il veicolo con abiti normali, senza il rischio di sporcarsi.
Un motorino che non tramonterà mai, un simbolo dell’Italia nel mondo.
Marco Fontana

martedì 22 aprile 2014

Nascono Indro Montanelli e Rita Levi Montalcini (22 Aprile 1909)

Montanelli e Montalcini
22 Aprile 1909. A Torino nasce Rita Levi Montalcini.
22 Aprile 1909. A Fucecchio nasce Indro Montanelli.
Due persone nate lo stesso giorno, molto diverse tra loro, ma che con il loro lavoro e la loro personalità hanno lasciato un indelebile segno nella storia italiana del secolo scorso.
Rita Levi Montalcini: neurologa e successivamente senatrice a vita della Repubblica Italiana, vincitrice del Premio Nobel per la Medicina nel 1986.
Indro Montanelli: giornalista e scrittore. Grande firma del Corriere della Sera, fondatore del Il Giornale e autore di molti libri di storia di grande successo.
Rita Levi Montalcini: nata da famiglia ebrea, passò la Seconda Guerra Mondiale nascondendosi prima e collaborando con le forze partigiane poi.
Indro Montanelli: nato da ricca famiglia toscana, durante la guerra fece l’inviato al fronte e dopo l’8 Settembre 1943 si associò al movimento Giustizia e Libertà e successivamente visse un periodo di prigionia e rischiò la fucilazione.
Dopo il conflitto entrambi dedicarono la vita al proprio lavoro.
Non voglio aggiungere altro su questi due personaggi.
Vi lascio solo con questi due loro pensieri.
“Malgrado l'età io non vivo nel passato, ma nel futuro!” (Rita Levi Montalcini)
“Le mie idee sono sempre al vaglio dell'esperienza e l'esperienza mi impone di rivederle continuamente” (Indro Montanelli)
Marco Fontana

lunedì 21 aprile 2014

La fine del Barone Rosso (21 Aprile 1918)


“[…] Questa e' la storia senza pietà che accadde in Germania tanto tempo fa un rombo ed un tuono su nel cielo si udì l'uccello di guerra nacque così.
In cerca di gloria qualcuno partì e col suo apparecchio veloce salì ma lassù più di uno la sua vita lasciò il Barone Rosso tutti sterminò.
Uno, dieci, cento e forse anche di più tutti gli aerei cadevano giù e su nel cielo c'era solo lui il dannato Barone non sbagliava mai. […]”
(da “Snoopy contro il Barone Rosso”, Giorgio Gaber)
Con questa pezzo tratto dalla irriverente canzone del grandissimo Giorgio Gaber ho voluto ricordare l’uomo definito da tutti come il più grande aviatore di tutti i tempi: Manfred von Richthofen, famoso con l’appellativo di Barone Rosso. Eroe tedesco, asso dell’aviazione (definito “l’asso degli assi”), rispettato anche dai suoi nemici, fu una delle figure principali della Prima Guerra Mondiale. Gli furono accreditate più di 80 vittorie. Il 21 Aprile 1918 ebbe luogo la sua ultima missione, fu abbattuto nei cieli francesi durante una battaglia con gli aerei della Royal Air Force (RAF). Il suo corpo venne recuperato dai nemici che gli tributarono un funerale militare con onore. Morì a soli 26 anni ma era già entrato nel mito.
"Sono un cacciatore. Ogniqualvolta riesco ad abbattere un aereo inglese, il mio desiderio di caccia è soddisfatto per un quarto d'ora". (Manfred von Richthofen, il Barone Rosso)
Marco Fontana

domenica 20 aprile 2014

Nasce la Nutella (20 Aprile 1964)

È il 20 aprile 1964 e da una fabbrica di Alba esce un bicchiere Kristal all'interno del quale si trovava la Supercrema, prima ancora chiamata da Pietro Ferrero Giandujot. 
Era una crema alle nocciole, con cacao e un ingrediente segreto. 
Nasceva con un logo mai modificato da allora. La prima lettera nera e le altre rosse. 
Possibile che ancora non avete capito?? 
50 anni fa nasceva il primo barattolo di Nutella! 
E oggi mentre mangeremo le nostre uova di cioccolato probabilmente penseremo a quel sapore unico che per noi, bimbi negli anni 80, è il sapore del cioccolato…quindi auguri alla Nutella e a tutti voi Buona Pasqua!
Caterina Valcarenghi


I delitti della Rue Morgue (20 Aprile 1841)

Il 20 Aprile 1841 sulla rivista The Graham's Lady's and Gentleman's Magazine di Philadelphia venne pubblicato il primo racconto poliziesco nella storia della letteratura: I delitti della Rue Morgue (in originale The Murders in the Rue Morgue) dello scrittore statunitense Edgar Allan Poe.
Il protagonista del racconto è l’investigatore Auguste Dupin, dotato di una straordinaria intelligenza.
Ambientato a Parigi, in un vecchio edificio sito in Rue Morgue, dove una notte vengono assassinate brutalmente una anziana signora e sua figlia.
Senza indizi, apparentemente un delitto perfetto, la polizia brancola nel buio e qui entra in scena il protagonista, Dupin, che sfrutta l’amicizia col prefetto di Parigi per fare un sopralluogo sulla scena del crimine.
In breve tempo l’investigatore aiutato da un amico straniero (che racconta in prima persona l’avventura) risolverà l’incredibile mistero.
Ovviamente non vado oltre nel racconto della vicenda per non rovinare la sorpresa, ma vi invito a leggerlo al più presto.
Questo racconto è entrato nella storia della letteratura e ha dato il via allo sviluppo del genere forse più trattato e amato: il giallo.
“Le più alte facoltà della riflessione sono utilizzate più intensamente e con maggior profitto dal modesto gioco della dama che da tutta l’elaborata futilità degli scacchi” (Edgar Allan Poe, da I delitti della Rue Morgue).
Marco Fontana

sabato 19 aprile 2014

Prima apparizione dei Simpson (19 Aprile 1987)

La famiglia Simpson

Sono gialli, sono dissacranti, sono i primi cartoni per adulti. Creati dalla mente geniale di Matt Groening, i Simpson raccontano "senza peli sulla lingua" la società americana. 
È il 19 aprile 1987 e durante il Tracey Ullman Show va in onda Good Night la prima apparizione di un minuto della famiglia più popolare (e, ammettiamolo, più figa) degli Stati Uniti. 
Per la prima volta vediamo Homer, Marge, Bart, Lisa e Maggie. 
Durante questi 27 anni i personaggi si sono evoluti, le storie complicate e abbiamo pianto la morte di personaggi principali (Gengive sanguinanti ad esempio, sbagliato non è mai stato un personaggio principale e solo gli estimatori capiranno la citazione). 
Oggi i cartoni per adulti non sono più una novità: i Griffin, American Dad, The Cleveland Show, Futurama sono solo alcuni, forse ancor più dissacranti, per alcuni più divertenti e migliori, ma niente di tutto questo sarebbe nato senza questo "club esclusivo formato da 5 membri di cui solo due hanno un anello speciale" (mi auguro che questa citazione sia chiara ai più).
Ecco perchè i Simpson resteranno per sempre i miei preferiti. E anche i vostri…e se non è così "CIUCCIATEVI IL CALZINO"!
Caterina Valcarenghi

Grace Kelly sposa Ranieri III di Monaco (19 Aprile 1956)

Il sogno di (quasi) tutte le donne è vivere il giorno del proprio matrimonio nel modo più indimenticabile possibile.
Ancora oggi, dopo 58 anni, il prototipo del matrimonio perfetto è quello tra la diva di Hollywood Grace Kelly e Rainier Louis Henry Maxence Bertrand de Grimaldi, noto a tutti come Principe Ranieri III di Monaco, la cui cerimonia religiosa si è officiata il 19 Aprile 1956, nella Cattedrale di San Nicola del Principato di Monaco (il giorno prima avvenne in rito civile nella Sala del Trono del Palazzo Reale).
La funzione fu molto formale, lo sposo in divisa militare in stile napoleonico, Grace Kelly con un vestito ancora oggi votato come il più bel abito da sposa di sempre.
Al termine della cerimonia gli sposi si concessero un bagno di folla tra le vie monegasche a bordo di una Rolls Royce scoperta.
Presenti alla cerimonia molti personaggi illustri tra cui gli attori Cary Grant (che con la principessa lavorò negli intramontabile pellicola hitchcockiana “Caccia al Ladro” ambientata proprio in Costa azzurra) e David Niven, l’armatore greco Aristotele Onassis (futuro sposo di Jacqueline Lee Bouvier, vedova Kennedy).
Milioni di persone in tutto il mondo hanno seguito il matrimonio in televisione. 
Grace Kelly piaceva a tutti, come attrice, come donna, come principessa.
Marco Fontana

venerdì 18 aprile 2014

Elezioni I Legislatura della Repubblica Italiana (18 Aprile 1948)

Il 18 Aprile 1948 gli italiani furono, per la prima volta, chiamati alle urne per eleggere il loro Parlamento.
La Liberazione dal Nazifascismo e il conseguente clima di collaborazione tra le forze politiche sembrava già un ricordo. Nel 1947 si era accesa una forte contrapposizione ideologica, acuita dai rapporti internazionali con altri paesi.
Il Presidente del Consiglio De Gasperi e la sua Democrazia Cristiana appoggiavano il Presidente Americano Truman e il Piano Marshall che invece risultava fortemente inviso alle sinistre e portò al emarginazione dei comunisti nel governo presieduto da De Gasperi. 
La fine della collaborazione tra tutti i partiti antifascisti non bloccò i lavori, già avanzati, dell'Assemblea Costituente che terminarono il 22 dicembre 1947, con la firma della Costituzione da parte del Capo di Stato provvisorio Enrico De Nicola. A seguito di ciò l'Assemblea Costituente fu sciolta e furono indette le elezioni politiche.
Che avvennero appunto domenica 18 Aprile 1948.
La Democrazia Cristiana si aggiudicò la maggioranza relativa dei voti e quella assoluta dei seggi, caso unico nella storia della Repubblica. Questo straordinario successo rese il partito guidato da De Gasperi il punto di riferimento per l'elettorato anticomunista e il principale partito italiano per quasi cinquant'anni fino al suo scioglimento nel 1993.
Uscirono sconfitti il Partito Comunista e quello Socialista oltre che missini, monarchici e liberali che si videro nuovamente molto ridimensionati.
Le elezioni furono importanti innanzitutto perché erano le prime per l’elezione diretta del Parlamento da parte di tutti gli italiani (si votò con suffragio universale) e inoltre fissarono per lungo tempo alcuni capisaldi della Repubblica Italiana: la DC sempre vincente, l'esclusione dei comunisti da ogni governo, l'adesione dell'Italia al blocco occidentale, la presenza di forti partiti di massa, il sistema elettorale proporzionale puro e l'influenza più o meno marcata delle gerarchie ecclesiastiche nella politica.
Marco Fontana

giovedì 17 aprile 2014

Il salvataggio dell'Apollo 13 (17 Aprile 1970)

L'equipaggio dell'Apollo 13 in salvo
6 minuti di totale silenzio. 6 minuti con un’intera nazione incollata a televisioni e radio con il groppo in gola. 6 minuti in attesa di sentire un rumore, una voce.
Sono le 13.07 del 17 Aprile 1970 quando riprendono i contatti radio e le vedette marine scorgono l’Apollo 13 ammarato nelle acque del Pacifico. L’equipaggio è salvo e viene recuperato dalla portaerei USS Iwo Jima.
Il comandante Lovell e i piloti Swigert e Haise possono tornare dalle loro famiglie, gli Stati Uniti esplodono di gioia. Quella che sembrava ad essere uno dei più grossi fallimenti della NASA si trasformò nella missione più celebre (ovviamente dopo quella dell’Apollo 11).
L’Apollo 13 era stato lanciato da Cape Canaveral, in Florida, l’11 Aprile.
Doveva essere la terza missione ad approdare sulla Luna, ma non ci arrivò mai.
Dopo 55 ore dal lancio venne trasmesso il famoso messaggio: “Houston, abbiamo un problema” (letteralmente: “Ok Houston, abbiamo avuto un problema”).
Uno dei serbatoi di ossigeno scoppiò e iniziò una missione di salvataggio a più di 320000 km dalla terra, una lotta contro il tempo per riportare a casa sano e salvo l’equipaggio.
La vicenda è ricordata fedelmente dal omonimo film “Apollo 13” con Tom Hanks diretto da Ron Howard.
Il 17 Aprile verrà ricordato alla NASA come il “più bel fallimento” della sua storia.
Marco Fontana

mercoledì 16 aprile 2014

Nasce Charlie Chaplin (16 Aprile 1889)

Charlie Chaplin
Il 16 Aprile 1889 nasce a East Street, a Londra, Sir Charles Spencer Chaplin, noto a tutti come Charlie Chaplin.
Attore, regista, sceneggiatore, comico, produttore. Sicuramente il più famoso e influente del secolo scorso.
La maggior parte dei suoi film erano costruiti intorno al personaggio di Charlot (The Tramp, il vagabondo), un gentiluomo con un vestito buffo, gli inseparabili bombetta e bastone e i tondeggianti caratteristici baffetti.
Nell’era del progresso economico e industriale Charlot rappresentava alla perfezione lo stato d’animo della classi sociali più povere ed emarginate.
La carriera di Chaplin attraversò 75 anni di storia, divenne simbolo del cinema muto e a causa dei suoi film e delle sue idee politiche ebbe anche problemi e critiche, tanto che per un certo periodo fu inviso negli Stati Uniti dove gli fu proibito di entrare a causa delle sue feroci critiche al maccartismo degli anni cinquanta (vivrà in Svizzera e tornerà nel States solo negli anni Settanta, dopo che fu riabilitato, per ritirare l’Oscar alla carriera).
Morirà la notte di Natale del 1977 a Corsier-sur-Vevey (Vaud), in Svizzera.
Tra i suoi capolavori vanno ricordati: il Monello, Il Circo, Luci della Città, Tempi Moderni (con la celebre scena nell’ingranaggio), il Grande Dittatore (primo film col sonoro), La contessa di Hong Kong (il suo ultimo film, unico a colori) nel quale lavorò insieme a Marlon Brando e Sophia Loren.
“Bisogna affrontare ogni giorno con un sorriso, altrimenti è un giorno perso” (Charlie Chaplin)
Marco Fontana

martedì 15 aprile 2014

L'insulina entra in commercio (15 Aprile 1923)

Il 15 Aprile è una data fondamentale per la storia della medicina moderna.
91 anni fa, il 15 Aprile del 1923 venne introdotto in commercio il farmaco che salverà la vita a milioni di persone: l’insulina.
L’azienda farmaceutica statunitense Eli Lilly inizierà una produzione massiccia di insulina che permetterà ai diabetici di tutto il mondo di poter assumere glucosio e di conseguenza di sopravvivere, anche tutto sommato con una qualità di vita accettabile.
La scoperta dell’insulina si deve allo scienziato rumeno Nicolae Constantin Paulescu, che scoprì la cura del diabete nel 1921 e l’anno successivo ottenne il brevetto per la scoperta della pancreina.
Qualche mese dopo, nel 1922, due ricercatori dell'Università di Toronto, il dottor Frederick Grant Banting ed il biochimico John James Richard Macleod pubblicano sul Journal of Laboratory and Clinical Medicine un saggio sui risultati positivi, nella normalizzazione dei livelli glicemici con l'uso di un estratto pancreatico acqueo. Apparentemente i due ricercatori misero semplicemtne in pratica gli studi di Paulescu, ma l’anno dopo fu loro assegnato il premio Nobel per la Fisiologia e la Medicina ignorando il lavoro dello scienziato rumeno.
L’insulina, un ormone di natura proteica, verrà da quel momento sintetizzato in tutto il mondo su larga scala, a partire da Inghilterra, Svizzera, Olanda, Danimarca e Germania.
I diabetici di tutto il mondo ringraziano.
Marco Fontana

lunedì 14 aprile 2014

La morte di Quattrocchi (14 Aprile 2004)

Immagine dell'esecuzione di Fabrizio Quattrocchi
Il 14 aprile 2004 moriva in Iraq un uomo, per alcuni un mercenario, per altri un eroe. Moriva con queste parole "vi faccio vedere come muore un italiano". 10 anni fa moriva in Iraq Fabrizio Quattrocchi. L'opinione che una persona ha sulla sua uccisione riflette le idee politiche e il giudizio (filo o anti americano) che si ha sulla guerra in Iraq, ma qualunque sia l'opinione nessuno può negare di aver sentito un brivido alla schiena capendo quella frase e sentendo quel colpo di pistola sparato a bruciapelo alla tempia. tutti abbiamo visto quelle immagini, c'é chi ha pianto, chi ha pensato che se l'è meritato, chi lo ha definito un grande patriota e chi lo ha chiamato mercenario venduto e fascista. 
Io di tutto questo ho un'immagine di una ragazza rannicchiata sulle scale e gli occhiali scuri a nascondere un dolore incontenibile. Quella ragazza si chiama Alice, con Fabrizio si doveva sposare. Di tutte le polemiche, gli intrighi e le idee a lei non importava, aveva perso il suo grande amore. Oggi, a 10 anni dalla morte, mentre l'Italia ancora si divide tra chi dice che se stava a casa sua non sarebbe successo nulla e chi lo definisce un orgoglio della patria, a me viene in mente solo quella ragazza rannicchiata nel suo dolore e una canzone "..ora che è morto la patria si gloria di un altro eroe alla memoria..ma lei che lo amava aspettava il ritorno di un soldato vivo, di un eroe morto che ne farà..se accanto nel letto le è rimasta la gloria di una medaglia alla memoria" (F.De Andrè) 
A 10 anni da quel giorno mi domando come stia e lascio agli altri il giudizio su Fabrizio Quattrocchi, le polemiche sul ricordare o no in uomo morto in Iraq, facendo un lavoro per alcuni versi criticabile, lascio agli altri le polemiche che non mi appartengono, che non mi interessano.
Spero solo che ad Alice la vita abbia riservato un sorriso.
Caterina Valcarenghi

L'assassinio del Presidente Lincoln (14 Aprile 1865)

La sera del 14 Aprile 1865 il 16° Presidente degli Stati Uniti, Abraham Lincoln decise di prendersi una sera di libertà e di svago insieme alla moglie Mary Todd. Senza guardia del corpo si recarono al Ford's Theatre a Washington per assistere allo spettacolo "Our American cousin", una commedia musicale dello scrittore britannico Tom Taylor.
La fine della guerra di Secessione non aveva però terminato la sua scia d'odio.
Durante il terzo atto della rappresentazione Wilkes Booth, attore semisconosciuto di teatro, filosudista, entrò nel palco presidenziale, puntò la sua pistola e sparò al Presidente.
Sparando urlò a Lincoln: "Sic semper tyrannis" (Così sia sempre per i tirranni, frase motto dello Stato della Virginia).
Subitò dopo aver colpito Lincoln saltò giù dal palco (rompendosi una gamba) e corse, trascinandosi, fuori dal teatro. Riuscì a fuggire per alcune ore, ma venne ritrovato in un granaio e ucciso.
Il Presidente Lincoln non morì sul colpo, ma cadde in coma e non si svegliò più. Spirerà il giorno successivo.
Non si seppe mai con certezza se Booth agì da solo o se faceva parte di un complotto.
Quello che è certo che oltre a lui venne arrestate e giustiziate altre persone per cospirazione nel periodo successivo, ma la certezza della loro colpevolezza resta ancora oggi avvolta nei dubbi.
Lincoln, che molti consideravano il salvatore degli Stati Uniti, figura fondamentale per l'abolizione della schiavitù e per la fine della guerra, fu sepolto in Illinois, dopo un lunghissimo corteo funebre che attraversò diversi stati.
"Non sono gli anni della tua vita che contano, ma la vita nei tuoi anni" (Abraham Lincoln)
Marco Fontana

domenica 13 aprile 2014

Un Papa in Sinagoga. La prima volta (13 Aprile 1986)

Giovanni Paolo II con Elio Toaff
Il 13 Aprile 1986 fu la prima volta nella storia in cui un Papa entrò in un tempio ebraico.
Papa Wojtyla, Giovanni Paolo II, visitò la Sinagoga accompagnato dal Rabbino Capo di Roma, Elio Toaff, col quale al termine della cerimonia, scambierà un caloroso abbraccio.
Nessun Papa era mai entrato in Sinagoga, ma nel 1959 Giovanni XXIII aveva fatto fermare il corteo pontificio sul Lungotevere per benedire gli ebrei che uscivano dalla Sinagoga.
Insomma era in pieno progresso il processo di fratellanza tra cattolici ed ebrei.
“Il nuovo spirito di amicizia e di sollecitudine reciproca, che caratterizza le relazioni cattoliche-ebraiche, può costituire il simbolo più importante che ebrei e cattolici hanno da offrire ad un mondo inquieto, che non sa risolversi a riconoscere il primato dell’amore sull’odio.” (Giovanni Paolo II)
Marco Fontana

sabato 12 aprile 2014

Il processo a Galileo Galilei (12 Aprile 1633)

Rappresentazione del processo a Galileo Galilei
Il 12 Aprile 1633 iniziò a Roma il processo a Galileo Galilei, incriminato per eresia, che lo porterà alla condanna di carcere a vita (pena commutata in quelli che ora chiameremmo arresti domiciliari per problemi di salute) e alla costrizione all’abiura delle sue convinzioni scientifiche.
Nel corso della sua vita Galileo si avvicino e avvalorò, grazie all’utilizzo del telescopio, la teoria copernicana eliocentrica del secolo precedente, negando l’ufficiale teoria tolemaica che vedeva la Terra al centro dell’Universo.
La Chiesa sosteneva ovviamente quest’ultima teoria e non accettò che fosse messa in discussione. Non potevano essere minate le verità rivelate dalla Bibbia e dalla tradizione aristotelica.
Galileo ebbe una prima ammonizione formale dal cardinale Bellarmino, ma non per questo abbandonò le proprie convinzioni e scrisse negli anni successivi “Dialogo sui due massimi sistemi del mondo”, nel quale mise a confronto le teorie tolemaica e copernicana, ovviamente rafforzando la seconda.
Senza aspettare il beneplacito dal Vaticano fece stampare a Firenze l’opera che però arrivò ben presto nelle mani del Papa Urbano VIII che fece immediatamente istituire l’Inquisizione per un processo allo scienziato.
Il processo iniziò il 12 Aprile 1633 e si concluse, con esito scontato il 22 Giugno dello stesso anno.
Secondo la leggenda dopo l’abiura Galileo pronunciò la frase “Eppur si muove”,  chiaramente riferita al movimento delle Terra intorno al Sole, a testimoniare ancora una volta le sue convinzioni.
Mi fa sorridere pensare che una persona fu inquisita, messa in galera, minacciata di torture, solo per aver appoggiato una teoria che al giorno d’oggi è assolutamente ovvia e ufficiale. Anzi no, c’è poco da ridere.
“Mi bruci per quel che predico è una fine che non mi merito. Anche la Chiesa sbaglia e sbaglierà” (Galileo Galilei)
Marco Fontana

venerdì 11 aprile 2014

Muore Jacques Prévert (11 Aprile 1977)

11 Aprile 1977. In questo giorno di Primavera muore a Omonville-la-Petite, all’età di settantasette anni, Jacques Prévert. Cosa ci ha lasciato questo poeta che ha attraversato il novecento con le sue parole? Le sue parole appunto. Parole nate per essere pronunciate, parlate, cantate, più che per essere scritte. Uno stile molto vicino alla lingua parlata, alla vita quotidiana, alla canzone. Io adoro Prévert. Lo adoro perché pochi come lui hanno saputo raccontare l’amore mettendolo al centro di tutto, l’amore quello più vero, quello tormentato e inquieto. Credo sia giunto il momento per me di tacere e lasciar parlare le poesie di Jacques Prévert. Ho scelto le tre che preferisco, quelle che più mi regalano emozioni. Spero le regalino anche a voi.

Paris at night (Jacques Prévert)
Trois allumettes une à une allumées dans la nuit
La première pour voir ton visage tout entier
La seconde pour voir tes yeux
La dernière pour voir ta bouche
Et l'obscurité tout entière pour me rappeler tout cela
En te serrant dans me bras
Tre fiammiferi accesi uno per uno nella notte
Il primo per vederti tutto il viso
Il secondo per vederti gli occhi
L'ultimo per vedere la tua bocca
E tutto il buio per ricordarmi queste cose
Mentre ti stringo fra le braccia.
Les enfants qui s'aiment  (Jacques Prévert)
Les enfants qui s'aiment s'embrassent debout
Contre les portes de la nuit
Et les passants qui passent les désignent du doigt
Mais les enfants qui s'aiment
Ne sont là pour personne
Et c'est seulement leur ombre
Qui tremble dans la nuit
Excitant la rage des passants
Leur rage, leur mépris, leurs rires et leur envie
Les enfants qui s'aiment ne sont là pour personne
Ils sont ailleurs bien plus loin que la nuit
Bien plus haut que le jour
Dans l'éblouissante clarté de leur premier amour
I ragazzi che si amano si baciano
In piedi contro le porte della notte
I passanti che passano se li segnano a dito
Ma i ragazzi che si amano
Non ci sono per nessuno
E se qualcosa trema nella notte
Non sono loro ma la loro ombra
Per far rabbia ai passanti
Per far rabbia disprezzo invidia riso
I ragazzi che si amano non ci sono per nessuno
Sono altrove lontano più lontano della notte
Più in alto del giorno
Nella luce accecante del loro primo amore.
Alicante (Jacques Prévert)
Une orange sur la table
Ta robe sur le tapis
Et toi dans mon lit
Doux présent du present
Fraîcheur de la nuit
Chaleur de ma vie.

Un arancia sula tavola
Il tuo vestito sul tappeto
E nel mio letto tu
Dolce presente del presente
Freschezza della notte
Colore della mia vita
Luca Fontana



giovedì 10 aprile 2014

La nascita di Joseph Pulitzer (10 Aprile 1847)

Joseph Pulitzer
“Una stampa cinica e mercenaria prima o poi creerà un pubblico ignobile” (Joseph Pulitzer)
Lo disse Joseph Pulitzer nell’Ottocento. Direi che si è avverato.
Pulitzer nasce il 10 Aprile 1847 a Mako, cittadina dell’Ungheria meridionale ed emigra negli USA dove diventerà un famoso giornalista, scrittore e politico naturalizzato statunitense.
Parteciperà alla Guerra di Secessione Americana, si candiderà prima per il partito Repubblicano poi per quello Democratico, entrerà nel mondo della finanza, ma sicuramente si distinguerà per le abilità di giornalista.
Un giornalismo di stampo sensazionalistico, alla ricerca di scandali e volto a studiare il genere umano.
Nel 1892 Pulitzer inizia anche il processo di fondazione della prima scuola di giornalismo del mondo all’interno della Columbia University, che però verrà aperta solo nel 1912 (non sarà dunque la prima perché anticipata da quella dell’Università del Missouri) un anno dopo la sua morte, ma diventerà la più importante e famosa degli Stati Uniti.
Le sue spoglie, sono tumulate nel cimitero di Woodlawn, nel quartiere del Bronx a New York.
Marco Fontana

mercoledì 9 aprile 2014

La fine della Guerra di Secessione (9 Aprile 1865)

Dipinto della stretta di mano tra Grant e Lee
Erano le 13,30 del 9 Aprile 1865 quando il generale Ulysses Grant, accompagnato dal suo Aiutante, il col. Orville, salì i sei gradini di legno che gli aprirono le porte della casa di Wilmer McLean, nel villaggio di Appomattox Court House. In quella casa, in quel giorno, si consumò la fine guerra di Secessione Americana, con la resa delle forze confederate guidate dal Generale Robert Lee. L’Unione aveva trionfato, dunque, dopo anni di atroci battaglie, ma c’era poco da gioire, una guerra civile lascia sempre una scia difficile da cancellare per molto tempo. Grant, mentre saliva quei gradini, ne era ben conscio.
Forse per questo, inconsciamente, non avendo a disposizione l’alta uniforme, dispersa chissà dove, che avrebbe voluto indossare per rispetto al suo grande avversario, Grant appariva dimesso, emaciato, sporco. Il mal di testa lo attanagliava da ore.
I problemi erano ben altri, non certo l’eleganza, ma quando nel salotto della casa, si trovò davanti la sua controparte, il Generale Lee, perfettamente in ordine, speroni lucidi, uniforme abbottonata, guanti in pelle, un sussulto colse Ulysses Grant.
Solo per un attimo. C’era una resa da discutere, precise condizioni da imporre. 
Grant non andò per il sottile chiedendo la resa immediata a Lee. Del resto la situazione per l’esercito Confederato era ormai insostenibile, caduta Richmond, per gli Stati secessionisti lo spettro della sconfitta era ormai tangibile realtà.
Questo Lee lo sapeva bene, senza indugiare chiese quali fossero le condizioni per la resa.
Grant prese carta e penna, cominciò a scrivere. Intanto osservava il valoroso Generale, quell’uomo fiero dai capelli grigi che aveva di fronte. Forse anche per questo i termini della resa furono discretamente generosi. 
I sudisti avrebbero dovuto arrendersi dando garanzia di non combattere più contro gli Stati Uniti per potersene tornare a casa liberi “sulla parola”, riconsegnare materiale bellico e armi mentre i cavalli sarebbero rimasti nella loro disponibilità. Dopo aver redatto i termini della resa, entrambi i generali firmarono il documento alle 15.45 di quella Domenica. Il generale Lee strinse la mano a Grant, salutò gli altri ufficiali presenti, avviandosi verso l’uscita.
Usciti dal porticato Lee montò a cavallo, con un velo di tristezza che gli percorreva lo sguardo, mentre Grant gli andò incontro agitando il cappello in segno di saluto.
Terminava ufficialmente in quei momenti la sanguinosa Guerra di Secessione Americana, anche se gli ultimi fuochi, lontano da quella semplice dimora, si spensero solamente nei mesi successivi.
Quei due fieri uomini vestiti di due uniformi così diverse, avevano chiuso quel pomeriggio una tragica pagina di Storia.
Luca Fontana

martedì 8 aprile 2014

Clint Eastwood: attore, regista e...Sindaco! (8 Aprile 1986)

Chi non conosce Clint Eastwood?
Chi non collega il volto del vecchio Clint al “Uomo senza Nome” della Trilogia del Dollaro di Sergio Leone, al duro ispettore di polizia Harry Callahan, al rapinatore Frank Morris che evade dal carcere di Alcatraz, al poetico allenatore e manager di pugilato Frankie Dunn (Million Dollar baby) o al razzista ravveduto Walt Kowalski (Gran Torino)?
Un amante del grande schermo non può non adorare Clint Eastwood per la sua fantastica e lunghissima carriera di attore e regista.
Della sua vita privata sappiamo che è un Repubblicano di ferro, che non dimentica mai di schierarsi per i candidati del “elefantino” durante le campagne elettorali.
Scommetto però che poi di voi sono a conoscenza del fatto che, nel bel mezzo della sua carriera cinematografica, ha anche trovato il tempo di fare il sindaco.
Ebbene si. L’8 Aprile 1986 Clint Eastwood viene eletto Sindaco della cittadina di Carmel-by-the-Sea, chiamata anche semplicemente Carmel, situata sulla penisola di Monterey nella contea di Monterey, in California.
Rimarrà in carica fino al 1988, ma in realtà non smetterà mai di avere a cuore i cittadini di Carmel e i loro problemi.
“Le opinioni sono come le palle: ognuno ha le sue” (Clint Eastwood)
Marco Fontana

lunedì 7 aprile 2014

Fondazione della Lega Lombarda (7 Aprile 1167)

Dipinto della battaglia di Legnano
Il 7 Aprile 1167 Milano, Ferrara, Piacenza e Parma fondarono un’alleanza volta a contrastare Federico I di Hohenstaufen detto "Il Barbarossa", imperatore del Sacro Romano Impero e le sue mire sull’Italia settentrionale che tentava di riconquistare dopo la dieta di Roncaglia del 1158.
Il giuramento fu nell’abbazia di Pontida, piccolo paese nella bergamasca.
Nacque così la Lega Lombarda.
Qualche mese dopo vi aderirono altri 30 comuni della pianura padana tra cui 
Crema, Cremona, Mantova, Piacenza, Bergamo, Brescia,Genova, Bologna, Padova, Modena, Reggio nell'Emilia, Treviso, Venezia, Vercelli, Vicenza, Verona, Lodi.
La Lega Lombarda sconfiggerà “Barbarossa” nella battaglia di Legnano nel 1176.
800 Anni dopo “Lega Lombarda” e Alberto da Giussano (probabilmente personaggio leggendario mai realmente esistito) torneranno ad essere sulla bocca di tutti grazie ad Umberto Bossi e i suoi sostenitori che fonderanno un partito ispirato proprio all’alleanza del 1167 e…il resto è attualità, tutti la conosciamo.
Marco Fontana

domenica 6 aprile 2014

Il Genocidio del Ruanda (6 Aprile 1994)

Scena di un massacro in Ruanda
Il 6 Aprile 1994 un missile terra-aria abbattè l'aereo con a bordo Juvénal Habyarimana, Presidente (di un governo di stampo dittatoriale) del Ruanda dal 1973.
Ancora oggi non è chiaro chi fece partire quel missile, ma purtroppo sappiamo che l’attentatore non si è macchiato la coscienza solo del sangue di Habyarimana, ma di circa un milione di persone appartenenti al popolo ruandese, quasi tutte di etnia (o classe sociale) Tutsi.
Ebbe così inizio il Genocidio del Ruanda, che segnò 100 giorni di massacri barbarie diventando il periodo più sanguinoso del XX secolo.
La divisone del popolo ruandese in Tutsi e Hutu (esistevano anche i Twa, ma poco numerosi) si deve al colonialismo belga. Una divisone prettamente sociale (Tutsi più ricchi degli Hutu), ma purtroppo che assunse anche un carattere razziale (si parla di differenze nella statura e nei lineamenti del volto) che portò i Tutsi al potere e gli Hutu a vivere nella povertà e costretti a subire.
Una storia, quella tra le due fazioni, segnata da violenze. Nel 1959 gli Hutu, molto più numerosi, estromisero dal potere i Tutsi con la forza.
L’uccisone del Presidente Habyarimana, ovviamente di origine Hutu, fu la miccia che diede al governo ruandese la possibilità di iniziare una sorta di “soluzione finale” del popolo Tutsi, dando a questi ultimi la colpa dell’attentato. Nel giro di poche ore iniziarono i massacri.
Le Milizie governative Hutu, con armi pesanti acquistate in seguito ad accordi politici e all’occorrenza con macheti, rastrellarono di casa in casa i Tutsi, buttando i corpi in agghiaccianti fosse comuni.
Il Genocidio del Ruanda terminò nel luglio del 1994, quando il RPF (Fronte Patriottico Ruandese) sconfisse le milizie governative. Finì il genocidio, ma iniziò il calvario del popolo Hutu, circa un milione di profughi cercherà asilo nei vicini Burundi, Zaire, Tanzania e Uganda.
Come mai l’Occidente che è sempre tanto solerte ad intervenire per la libertà e la pace nel Mondo, non mosse un dito per bloccare questo orribile massacro? La risposta è talmente ovvia che quasi non sarebbe da scrivere: mancanza di interessi. La Francia aveva pochi anni prima armato ed addestrato la milizia governativa ruandese e ovviamente non si preoccupò di fermare lo scempio, ma si limitò a trarre in salvo i suoi concittadini (come fecero anche quasi tutte le altre nazioni occidentali).
L’Occidente ammise il genocidio ruandese solo dopo che terminò. I nostri organi di informazione ne parlarono pochissimo, forse perché poco interessante o di poco “audience”.
“…essi stanno portando il paese verso l’abisso. Tutti dovranno rispondere dei loro crimini davanti alla storia e, anzitutto, davanti a Dio. Basta col sangue!” (Giovanni Paolo II, Regina Coeli, 15 Maggio 1994)
Marco Fontana

Hotel Rwanda

Il regista Terry George a dieci anni dal genocidio del Ruanda ha girato questo film basato sulla storia vera di Paul Rusesabagina, imprenditore ruandese, proprietario d’albergo, che salvò migliaia di connazionali durante quei mesi di massacri.
Una sorta di Oskar Schindler africano, che rischiò la propria vita e quella dei suoi cari per fare qualcuno di giusto in un un mondo sbagliato.
Rusesabagina, di etnia Hutu, sposato con una donna Tutsi, utilizzò il suo albergo, l’Hotel des Milles Collines di Kigali, capitale del Ruanda, come rifugio per 1200 persone.
Don Cheadle ottenne la nomination all’Oscar come attore protagonista per il ruolo di Rusesabagina e il film quella al Golden Globe come migliore film drammatico.
In due ore la pellicola ci racconta questo triste periodo, a molti sconosciuto, provocando un senso di tristezza e di nausea verso il mondo in cui viviamo.
Un film da proiettare nelle scuole, per fare conoscere cosa successe in questo piccolo paese africano 20 anni fa, e per far porre alla gente domande sulla nostra informazione e sulle nostre (intese del mondo occidentale) politiche internazionali.
Hotel Rwanda (trailer)