Ad un certo punto il pilota si lancia col paracadute.
Era Rudolf Hess, il vice di Hitler, soprannominato il suo “delfino”. Uno degli uomini più influenti della Germania nazista.
Appena arrivato a terra viene preso in custodia dall’esercito britannico ed imprigionato. Resterà in carcere fino alla morte, avvenuta in circostante misteriose nel 1987.
Una domanda sorge spontanea pensando alla missione suicida di Hess quel 10 maggio 1941. Perché?
Cosa pensava di ottenere paracadutandosi solo, in mano ai nemici? Lo ha mandato qualcuno? Ha fatto tutto di testa sua?
Queste domande ancora oggi e probabilmente per sempre resteranno senza risposta.
La versione ufficiale brittanica parla di Hess come di un pazzo, in crisi, messo da parte dal partito (effettivamente Hess, seppur vice del Fuhrer, non aveva preso parte a molte delle decisioni sconvolgenti del regime) che all’insaputa di Hitler voleva proporre al Duca di Hamilton (personaggio incline al dialogo con il Terzo Reich) un utopistico piano di pace.
Una versione che vede Hess autore di un iniziativa individuale e quindi traditore del popolo tedesco.
Una seconda ipotesi è che sia stato Hitler stesso ad inviare il suo Delfino con delle proposte di trattativa che sarebbero state considerate inaccettabili da Churchill e dal governo di Londra e solo a quel punto, la missione di Hess fu fatta apparire come un iniziativa individuale, in modo da permettergli una pena più clemente in un eventuale processo. Effettivamente al successivo processo di Norimberga, fu uno dei pochi gerarchi che non venne giustiziato.
Quella del volo di Hess è una storia che pochi conoscono e di cui nessuno sa la verità, tranne lui, che vivrà per molti anni con nome di “prigioniero n.7” nel carcere di Spandau.
Marco Fontana
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